Édouard
Manet nasce a Parigi il 23 gennaio del 1832. Il padre è un alto
funzionario del ministero della Giustizia e la madre è figlia di un
diplomatico. Nel 1838 il giovanissimo Édouard
frequenta l'Istituto Poiloup fino al 1840. Nel 1844 frequenta il
collegio Rollin. Lì conosce Antonin Proust, amico e compagno che non
lo abbandonerà mai. Con Proust inizia a frequentare il museo del
Louvre. Nel 1848 abbandona il collegio e prova l'esame per
l'Accademia navale, ma non riesce a superare la prova. Decide di
imbarcarsi sulla nave Le Havre et Guadaloupe. Viaggia a Rio de
Janeiro. Lì i suoi primi disegni e caricature. Nel 1849 dopo due
mesi di soggiorno a Rio, ritenta il concorso all'Accademia
navale, ma
è nuovamente bocciato. Il padre si convince allora a lasciargli
intraprendere seriamente la carriera artistica. Conosce Suzanne
Leenhoff, insegnante di piano dei suoi fratelli. Nel settembre del
1850 entra nell'atelier di Thomas Couture, famoso ritrattista e
pittore di storia, e si iscrive nel registro dei copisti al Louvre.
Nel 1852 viaggia in Olanda e visita il Rijksmuseum di Amsterdam. Il
1853 è l'anno dei grandi viaggi. Visita Kassel, Praga, Dresda,
Monaco, Vienna e la Normandia. Effettua, inoltre, il primo viaggio in
Italia insieme al fratello Eugène a Firenze, Venezia e Roma. Nel
1856 lascia l'atelier di Couture per alcune divergenze con il
maestro. Nel 1857 si reca nuovamente a Firenze in compagnia dello
scultore Eugène Brunet e stringe amicizia con Henri Fantin-Latour,
pittore originario di Grenoble. Del 1859 è il dipinto che avvia la
grande avventura artistica di Manet, “Il bevitore di assenzio”.
L'opera non viene però ammessa al Salon. Seppur amareggiato da
questa sconfitta, nel luglio dello stesso anno Manet conosce Edgar
Degas, figlio di un facoltoso banchiere, che trova al Louvre intento
a copiare Velázquez. Anche Manet subisce il fascino del maestro
spagnolo, che ripropone in chiave moderna nel dipinto del 1861 “Il
chitarrista spagnolo”. Nel 1863 Manet realizza la sua opera più
ambiziosa del periodo, “Musica alle Tuileries”, che intende
essere una sorta di trasposizione pittorica de “Il pittore della
vita moderna”, titolo di un saggio di Baudelarie nel quale vengono
fissati i canoni dell'artista-dandy. Sposa Suzanne Leenhoff nei Paesi
Bassi il 28 ottobre 1863 e nel 1864 espone al Salon “Cristo morto e
due angeli”, tela che a causa della sua libertà esecutiva
esplicitamente dissacratoria fa esplodere una vera e propria
sommossa. Questo, tuttavia, non era nulla rispetto all'indignazione
che suscita l'anno successivo l'Olympia (dipinto prodotto due anni
prima).
Amareggiato dalla violenza delle
critiche, nell'agosto del 1865 Manet decide di partire per la Spagna,
patria di quel Velázquez che gli aveva ispirato così tanti quadri.
Dopo aver distrutto moltissime delle sue tele in un eccesso di
sconforto e di rabbia, l'artista si reca a Burgos, Valladolid e
Madrid, e al Museo del Prado rimane incantato dai Velázquez e dalla
collezione dei dipinti antichi italiani e nordici. Nel 1867 Manet si
assenta volontariamente dal Salon ed organizza una mostra personale,
denominata “Louvre personale”. Nonostante nuovi attacchi della
critica Manet trova degli ardenti estimatori in Monet, Pissarro,
Renoir, Sisley, Cézanne e Bazille: con questi giovani, anche loro
insofferenti alla pittura ufficiale del tempo e alla ricerca di uno
stile fluido e naturale, l'artista inizia a riunirsi al Café
Guerbois, un locale parigino al n.11 di rue des Batignolles. Il 15
maggio 1874 il nuovo gruppo degli Impressionisti organizza una
propria mostra personale nello studio del fotografo Nadar, ma Manet
preferisce non associarsi, nonostante fosse stato esplicitamente
invitato. Nel frattempo, mentre Renoir e gli altri continuano ad
aggregarsi sotto l'egida delle mostre impressioniste, Manet con
estrema coerenza continua a sottoporsi alla giuria del Salon,
continuando a riscuotere dissensi, sempre a causa dei pregiudizi
legati alla “Colazione sull'erba” e all'”Olympia”. Le vendite
delle sue opere iniziano anche ad andare male, anche se per fortuna
Manet può contare sul sostegno di Stéphane Mallarmé e di
Joris-Karl Huysmans, che arriva a lodare con inedito fervore una
delle sue opere, “Nanà”, un olio su tela del 1877.
In quegli anni Manet incomincia a
essere angustiato da un'atassia locomotoria di origine sifilitica,
per la quale è costretto a ricoverarsi a Bellevue, nei pressi di
Meudon. Ad allietarlo, oltre al crescente consenso intorno alle sue
opere, che non suscitano più scandalo come un tempo, vi è la nomina
di Antonin Proust, suo amico di sempre, a membro della Chambre des
Deputes e, nel 1881, a ministro delle Belle Arti. Grazie
all'interessamento di Proust, Manet viene insignito del cavalierato
alla Legion d'Onore. La sua salute, tuttavia, non fà che
deteriorarsi, e i medici arrivano persino a imporgli di trascorrere
l'estate fuori Parigi, nelle campagne vicino ad Astruc. Tormentato
dalle sofferenze fisiche, riusce comunque a portare a termine tra il
1881 ed il 1882 “Il bar delle Folies Bergère”, suo vero e
proprio testamento spirituale. Alla sua morte, avvenuta
prematuramente il 30 aprile 1883, gli vengono tributati funerali
solenni, con Antonin Proust, Émile Zola, Philippe Burty, Alfred
Stevens, Claude Monet e Théodore Duret che reggono il suo feretro,
accompagnato anche da un picchetto militare. “Era più grande di
quanto noi pensassimo” dichiarò Edgar Degas alle sue esequie. Le
sue spoglie riposano al cimitero di Passy.